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Lavoro in una biblioteca per bambine e bambini…

Pubblico qui un bell’intervento di Piera Codognotto sul linguaggio sessuato.

Se non ne parli non esiste: il genere femminile nell’italiano di oggi. Corso di formazione, Firenze, ARPAT, 16 settembre 2009

Lavoro in una biblioteca per bambine e bambini. Nome ufficiale: Biblioteca dei ragazzi del Comune di Firenze.  Quando scrivo discorsivamente, anche nel nostro sito web, cerco di usare il maschile e il femminile, la doppia desinenza che dà conto dei corpi in carne ed ossa di bambini e bambine… Ma non sempre accade. Perché a volte è faticoso sostenere questa scelta con i colleghi e anche con le colleghe. Così, per il premio letterario per piccini, abbiamo distribuito per anni il ‘Diploma di scrittore’ anche alle scrittrici…

La Decisione 397.475 del Parlamento Europeo del marzo 2009 ha già avuto il merito di farci  promuovere questo corso e avviare  una costruenda rete di soggetti (soggette!!?) istituzionali interessate ad un uso non sessista del linguaggio nella Pubblica Amministrazione.  Senza dubbio il fatto che la PA debba seguire le normative e le indicazioni che si dà,  in certi casi può aiutare.

Nel dibattito che c’è stato sulla stampa e sul web intorno a questa decisione vedo forte la ‘tentazione del neutro’ (dal titolo di un saggio di Wanda Tommasi nel libro di Diotima Il pensiero della differenza sessuale. La Tartaruga, 1987). Finalmente ‘una lingua SENZA sessi’? [1].

Capisco che il tentativo di indicare con termini astratti possa sembrare migliore dell’uso di termini marcati al maschile singolare. A volte è così: non se ne può più dell’’Uomo primitivo’ di tanti titoli di libri sulla preistoria… Se ne accorgono anche le bambine ormai nella mia biblioteca. E trovare la dicitura della collana “Letteratura per ragazzi” sulla copertina del romanzo della Alcott  Piccole donne è anacronistico… Sarebbe preferibile “Letteratura per l’infanzia”?  Il progetto POLITE: Pari Opportunità nei LIbri di Testo ha coinvolto e impegnato l’Associazione Italiana Editori e il Ministero delle Pari Opportunità tra il ’99 e il 2001 a costruire linee guida non sessiste per l’editoria scolastica in particolare [2] .

Ma è possibile anche solo pensare che sia meglio non avere a che fare coi corpi, che sono l’esperienza sensibile più comune a tutti e tutte? Comprensibile anche alle creature piccole, la differenza sessuale è l’evidenza più palpabile nel quotidiano, anche se resta occultata in tanti discorsi specialistici. Rischiamo – segnala Adriana Perrotta Rabissi in un bell’articolo sul linguaggio – che le ‘Ragazze madri’ o ‘Madri nubili’ diventino una ‘Famiglia monoparentale’. Il neutro così costruito, oltre ad astrarre dai corpi fisici, può nascondere la disuguaglianza [3].

Nelle esperienze che oggi pomeriggio ascolteremo ci sono esempi di moduli e documenti e guide all’uso dei servizi pubblici che usano tranquillamente la doppia desinenza, con una scelta che risulta a mio avviso scorrevole a leggersi: cittadine e cittadini, immigrate e immigrati, ragazze e ragazzi… Come l’opuscolo pubblicato recentemente in tante lingue dall’URP di Prato “Documenti illustrati” di cui parlerà Mariella Pala.

Torno in biblioteca:

I cataloghi on line delle biblioteche e le basi dati prevedono dei campi da riempire per la ricerca: Autore (che è anche autrice, naturalmente!):

La rete informativa Lilith di centri di documentazione e archivi di donne  – di cui faccio parte – è nata con l’intento di valorizzare e mettere in circolazione la produzione editoriale di donne verso la fine degli anni ’80. In una base dati che raccoglie testi prevalentemente di donne abbiamo messo in discussione anche la maschera di ricerca e di inserimento dati: vi compare: ‘Autrice’.

Anche solo questo piccolo dettaglio può essere spiazzante: inserirvi il nome dell’autore (maschio) rende evidente lo ‘spostamento’ mentale che sempre facciamo quando per l’autrice (femmina) non  sembra strano usare il campo ‘autore’…  Lo abbiamo verificato nei corsi di formazione fatti.

Ma le associazioni professionali che abbiamo tentato di coinvolgere si sono dimostrate refrattarie al problema e l’AIB [Associazione Italiana Bibliotecari] imperversa da anni con l’”Agenda del BibliotecariO”.  Sarebbe troppo lungo ‘Bibliotecari/e’?  La proposta fatta dall’associazione Lilith a basi dati generaliste di adottare la doppia dicitura:  Autrice/Autore, di dettagliare Traduttrice/Traduttore, Illustratore/Illustratrice… per ora è stata accolta con sufficienza, come inutile perdita di tempo. Anche se con i computer non si farebbe nessuna fatica e potrebbe costituire eventualmente una notizia in più, non irrilevante.

Nei cataloghi delle biblioteche si usa il nome proprio per esteso (dell’autore/autrice), per cui il corpo sessuato non sparisce. Mentre nelle bibliografie molto spesso vediamo citati i nomi solo con le iniziali!

Mettere i nomi per esteso rimette i corpi sessuati nel circolo dell’immaginario. Oltre che rendere possibile la cura della memoria, propria dell’archivista. Nei social network, come face book etc., può esserci il divertimento del mettersi nei panni di … con espressioni corporee varie  dei propri io-virtuali

…E ci vuole attenzione: in tempi di migrazioni e meticciati culturali Rosario, donna peruviana,  rischia di diventare Rosaria, come è accaduto a un seminario di un gruppo anche molto attento alle differenze come è Punto di partenza… Può accadere senza ‘cattiva volontà’, ma per l’ordinaria disattenzione che ci travolge, per non abitudine all’ascolto attento.

I piccoli danno sempre nomi ai loro animali, ai personaggi… La categoria generale dei gatti è fatta da nerino, micia, etc. C’è l’albatro e l’albatra.

La molteplicità dei soggetti percepiti  nelle loro differenze (per sesso, per età, per provenienze) aiuta a formulare un pensiero ‘accogliente’.

Ho seguito dall’inizio i risultati del progetto “Educazione alla cura, contrasto degli stereotipi, relazione tra differenze”. E’ un progetto equal avviato nel 2007 nella Regione Toscana sia a Prato che a Firenze con la consulenza di Marina Piazza e altri/e che ha coinvolto le scuole per l’infanzia e prosegue nella scuola dell’obbligo. In collaborazione con un gruppo di lavoro del Comune di Prato, e in particolare con Mariangela Giusti dell’Ufficio Tempi e spazi e pari opportunità, abbiamo segnalato materiali di lavoro nel sito Tempi&Spazi del Comune di Prato… C’è ricerca, ci sono materiali anche veramente belli: non solo non sessisti, politicamente corretti –  magari a volte un po’ moralisti – ma anche che aprono mondi [4].

Ma non è facile andare oltre un riconoscimento ‘stereotipato’ degli stereotipi… E abbiamo proseguito la sperimentazione anche in un piccolo gruppo di insegnanti, genitori, ostetriche al Giardino dei ciliegi di Firenze.  Il Laboratorio conviviale sulla sensibilità poetica nel quotidiano, condotto da Mario Bolognese è stata la parte più intensa forse del lavoro del 2008. Ci interessava il suo metodo di lavoro sull’immaginario. In particolare ci ha proposto di utilizzare immagini dalla ricerca archeologica di Marija Gimbutas su Il linguaggio della dea e altre immagini delle tradizioni arcaiche e della ‘Prima storia’ – come Luisella Veroli chiama la pre-istoria. La sua ricerca è tesa a ‘intenerire il linguaggio’.

Dagli appunti del corso: “E’ finita l’era patriarcale, bisogna far finire il linguaggio patriarcale. Occorrono le parole. E io le trovo nella fiaba, nella poesia. Di lì si possono aprire anche analisi con le parole ‘normali’,  ma è la poesia che varca l’individualismo, la monade che ognuno di noi è e tocca e apre porte e finestre all’invisibile […].  Per i bambini e le bambine,  per loro, è il pane […]. A un corso di formazione su Psicologia della pace, qualche anno fa, avevo proposto che ognuno e ognuna provasse a esprimere con un concetto o una frase ciò che riteneva più interessante, il significato più intenso legato alla parola ‘Pace’…  E ad esempio  una donna aveva detto: ‘Pace come Convivialità delle differenze’.  Cosa sta sotto le nostre parole astratte, quale è il loro sedimento immaginativo, quali le radici delle parole vive che sostengono la nostra psiche?…. [Alla fine del nostro lavoro] è emersa una visione:  un giardino ai primi tepori del sole primaverile, il ghiaccio si scioglie, comincia la vita della terra gli insetti, uccelli, il riverbero della luce del sole… Un paesaggio di bellezza.  Mi era facile dimostrare come dentro quel giardino ci fosse tutto un mondo della natura oltre a un pensiero raffinato; mentre nella formulazione ‘Convivialità delle differenze’ – belle parole ma cerebrali – non ci sono formiche né uccelli, non c’è il sole…

E se poi partiamo con: Analisi del problema: che fare? Soluzioni e Progetto… C’è solo una fetta della vita…  In questo modo bellezza e tenerezza non sono mai fattori politici o di analisi, perché si parte da presupposti per cui eros è della sfera privata – cose stradette per alcune di voi – e oltretutto nella pratica lavorativa ho trovato che non funziona, non c’è fecondazione.

‘Il giardino ai primi raggi del sole…’ è un aiuto: siamo un giardino vivente, noi ci dobbiamo coltivare. Ci possiamo capire così con un bambino, una bambina” [5]. ‘Parole emozionate’. Un uomo ne parla.

Nella cura del linguaggio anche l’etimologia aiuta a rivelare significati.

Lidia Menapace con i suoi articoli sulla Scienza della vita quotidiana – ne ricordo alcuni su Il Foglio del paese delle donne – ci ha fatto riflettere sull’uso di parole belliche nella politica: tattica e strategia.  E su metafore dalla vita quotidiana, svalorizzanti: fare un pasticcio, fare un minestrone… ordire una trama …  Ma anche pensiamo a: Far lievitare, Impastare, Tessere reti, Far nascere, venire alla luce…

Spolveriamo il nostro immaginario e il nostro vocabolario!

Nel bel volume La vita alla radice dell’economia Ina Praetorius  dice “ogni concetto abbastanza rilevante dispone di un significato originario che riconduce a una società […] che non aveva ancora imparato a staccare una sfera alta maschile da una sfera bassa femminile […] Il concetto ‘materia’ per esempio risale alla parola ‘mater’ , madre […]. Parole apparentemente cosi diverse come ‘ingenuità’ e ‘natura’ risalgono alla parola ‘nasci’ , ‘essere nati’; ‘cultura’ intende originariamente la cura del corpo e dei campi, il ‘testo’ ha a che fare col tessile e crea una connessione tra prodotti di tessitura e testi verbali, ecc. […] Anche la parola ‘economia’ ha un interessante significato originario ma di questo oggi non si parla quasi mai. Per quanto io ricordi bene non ho mai letto nelle pagine economiche di un giornale che economia significa originariamente ‘legge, regole, dell’am­biente domestico’ [Oikos = ambiente domestico e Nomos = legge]. Nei manuali di economia […]nelle prime pagine si legge anche che il senso dell’economia è quello di soddisfare i bisogni. Nelle pagine successive, comunque, non si parla più né di ambiente domestico né di soddisfazione dei bisogni bensì di soldi e mercato, di costo del lavoro e di formazione dei prezzi […] Oggi tutti i settori dell’economia che si occupano dei bisogni primari sono esclusi dal dibattito economico e sono ritenuti insignificanti rispetto all’economia finanziaria: l’economia domestica, l’agricoltura a gestione familiare, i lavori di riparazione, la prevenzione e la cura […] “ [6]

La lingua si rinnova continuamente.

Pensiamo al termine ‘cura’ che fino a non più di venti anni fa aveva un’accezione immediata medica: si somministra una cura, si cura un/a paziente… Oggi il significato appare ricollocato nel vivere quotidiano e nell’esperienza di cura di sé e delle relazioni: aver cura di qualcuno/a o di qualcosa. E’ il pensiero delle donne sul ‘lavoro di cura’ che ha prodotto uno spostamento nella percezione del reale.

‘Femminicidio’ è una parola recente che indica lo spaventoso numero di omicidi di donne a Ciudad Juárez, Chihuahua, sul confine tra Messico e Stati Uniti. Ricordo una delle prime volte che la sentivo usare è stato da Anna Biffoli e Teresa Bruno a un seminario al Giardino dei ciliegi di Firenze (nel 2005 mi pare). La proponevano per dire degli aborti selettivi e degli infanticidi su femmine praticati soprattutto in alcuni paesi dell’Asia.  E ‘Delitto d’onore’ o ‘Omicidio passionale’? Mi paiono in disuso nei media che pure li hanno usati fino a pochissimi anni fa, semmai riappaiono con alcune differenze: se l’assassino è occidentale, è un singolo che ha perso la testa; altrimenti è un individuo appartenente a una cultura con un retaggio arcaico e che non accetta l’emancipazione delle donne.

‘Sopravvissute’ consente una percezione diversa di sé rispetto a ‘Vittime’ (di abuso sessuale, di stupro). Da un disastro  si può sopravvivere e poi vivere sostengono le donne dei Centri antiviolenza di donne

E Pat Carra con l’ironia apre orizzonti nuovi, svela l’orrore del neologismo ‘Bomba intelligente’…

– Sono una bomba intelligente

– Sarai anche intelligente, ma hai un carattere che fa schifo! [7]

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NOTE

  1. Sulla decisione del PE segnalo un articolo dalla rivista on line Women in the city: “Gli stati membri del parlamento europeo hanno recentemente deliberato che dovrà essere posta da parte di ciascun paese membro un’appropriata attenzione affinché non venga usato un linguaggio sessista, ovvero ci si esprima tenendo conto della differenza di genere. La risoluzione rivolge un particolare invito a redattori e traduttori impegnati negli atti legislativi […] Questa iniziativa va a seguire le precedenti raccomandazioni del P. E. del 2006 in materia di linguaggio non sessista. Ci sono tuttavia da sollevare alcune obiezioni: una di esse riguarda il significato di “neutro”, termine che ricorre molto spesso nel testo”  http://www.womeninthecity.articolo21.com/it/rubrica.php?id=670&rubID=142 ; e infatti appare da un altro articolo – peraltro interessante e approfondito – come il ‘neutro’  sia neutralizzazione dei concreti corpi sessuati…  Saverio De Laura, Al Parlamento europeo una lingua senza sessi “Un linguaggio senza sessi per il Parlamento europeo: via libera a una lingua che rifletta in modo appropriato la sua adesione al principio dell’uguaglianza di genere: http://www.europalex.kataweb.it/article_view.jsp?idArt=87819&idCat=516 ; Dal ServerDonne: “da evitare secondo l’opuscolo : uomini d’affari, uomini politici, uomini di legge, uomini di scienza, uomini di Stato, uomini di lettere, uomini primitivi, che andrebbero sostituiti preferibilmente con: imprenditori, giuristi, scienziati, statisti, letterati, popoli primitivi. […] “l’uomo della strada”, a cui è preferibile “la gente comune”, e di sostituire con “nomi collettivi che coprano entrambi i sessi” i termini collettivi solitamente declinati al maschile, come: i magistrati (la magistratura); i docenti (il personale docente); gli insegnanti (il corpo insegnante); i dipendenti o i lavoratori (il personale); il direttore, il presidente (la direzione, la presidenza); gli assistenti di volo (il personale di bordo). fonte Apcom : http://www.women.it/cms/index.php?option=com_content&task=view&id=579&Itemid=81
  2. Progetto Polite. Saperi e Libertà: maschile e femminile nei libri, nella scuola, nella vita. Vademecum. Milano, Associazione Italiana Editori, 2001 e anche il testo on line del ‘99 Italia. Presidenza del Consiglio dei ministri Dipartimento Pari Opportunità, AIE, Codice di autoregolamentazione POLITE: Pari Opportunità nei Libri di Testo http://www.aie.it/Portals/21/Files%20allegati/Codice_di_autoregolamentazione_AIE.pdf
  3. Adriana Perrotta Rabissi, Donne di Parola. In: Scuola Ticinese, n 254, 2003
  4. Nell’ambito del progetto ho prodotto una scheda dal titolo “A che genere di gioco giochiamo” nel sito TempiSpazi del Comune di Prato con molti link a ricerche sul tema e segnalazioni di libri: http://www.tempiespazi.it/tempospazio/?act=i&fid=2302&id=20080626175938040 ;
  5. Gimbutas Marija, Il linguaggio della Dea. Ristampato da Venexia nel 2008, è una raccolta, classificazione, descrizione riccamente illustrata di circa 2000 manufatti simbolici provenienti da siti europei del Neolitico antico (7000-3500 AC) e costituisce una chiave interpretativa per la mitologia dell’epoca e del culto della Dea Madre della civiltà prepatriarcale;  Veroli Luisella, Prima di Eva: viaggio alle origini dell’ eros. Melusine, 2000; Mario Bolognese, Appunti [non rivisti dall’autore] dal Laboratorio conviviale sulla sensibilità poetica nel quotidiano, Firenze, 2008
  6. La vita alla radice dell’economia: seminario, Verona, 11-12 maggio 2007, anche on line http://lavitallaradicedelleconomia.blogspot.com/
  7. Pat Carra, Orizzonti di boria. Quaderni di via Dogana, 1999

Firenze, 16 settembre 2009, seminario su linguaggio e generi

SEMINARIO DI FORMAZIONE
Se non ne parli non esiste. Il genere femminile nell’italiano di oggi.

Programma seminario P.O. Linguaggio

Ricevo dalle amiche toscane il programma di questo seminario, che pur essendo rivolto alle operatrici e operatori degli enti che lo organizzano, e quindi NON aperto al pubblico, mi pare rappresenti un buon inizio del nuovo anno di attività a cui ci stiamo avviando. Sarà interessante leggere le relazioni di chi partecipa. Auguri e buon lavoro!

Neutralità di genere

Scrive Paola:

Linguaggio maschilista, la UE, la becera cagnara dei media di tutta Europa
Lun 20.04
L’Unione Europea raccomanda, nella stesura di documenti ufficiali, di evitare termini maschili con funzione di neutro. Distribuscisce un manualetto in tutte le lingue adottate con istruzioni ad uso sopratutto dei suoi dipendenti.
Maggiori particolari sul fatto nel post del Serverdonne .
Apriti cielo! Una cagnara di media grandi e piccoli, da noi ad esempio l’inserto del Sole24ore di domenica, tono semiserio per un’arrogante carrellata di luoghi comuni maschilisti…con voluto travisamento dello scopo principale dell’iniziativa.
E’ chiaro che i redattori dei pezzi, opinionisti di fama, non hanno mai avuto l’esperienza di abitare da sempre in una lingua che non prevede l’esistenza di DUE o PIU’ generi – a partire da quello femminile -con ogni diritto ad vedere rappresentata la propria esistenza e soggettività.
E magari si crederanno perfino spiritosi! invece sono dei buzzurri ignoranti.
Anche Francesco Sabatini, presidente dell’accademia della Crusca, nel 1987 raccomandava un uso non sessista della lingua. E ricordiamo Alma Sabatini e il suo insuperato manuale, che ormai è uscito più di 20 anni fa…
Propongo di scrivere lettere di protesta alle redazioni dei giornali e ovunque l’iniziativa UE è stata commentata in questo modo, chiedendo una informazione reale sull’avvenimento.

Risponde Adriana:
Ho letto sia la tua nota che ho sottoscrito su facebook, sia l’articolo
sul Server firmato FF, che credo sia Federica; in realtà l’impostazione:
neutralità di genere non mi piace, ci risiamo col falso neutro.
Comunque forse è importante comunicare il problema anche a livello istituzionale
(amministrazioni, uffici…)
Osserva Paola:
Credo che in questo caso, dico del manuale europeo, la cosa
interessante sia: cercare di sostituire falsi neutri (termini
maschili) con termini o circonlocuzioni che si approssimino di più a
“neutri reali” che in italiano e altre lingue non esistono. E’ la
stessa tendenza che nella comunicazione via internet, ma non solo, fa
troncare l’ultima o le ultime lettere e le fa sostituire con
asterischi, chiocciole e via sbizzarrendosi.
La mia opinione è che questo movimento è all’interno di una più
generale riconsiderazione di come significare i generi; e ancora di
più, dall’emergere di una idea che i generi, come costruzioni
socio-simboliche, non sono legati “solo” ai caratteri sessuali che si
hanno alla nascita, (che anche essi possono essere ibridi), ma anche
alle scelte, alle opzioni, alle determinazioni che la soggettività
assume durante il corso della vita (scelte e/o costrizioni, o insieme)
Quindi il maschile e il femminile nel linguaggio non possono più
“rappresentare” tutte le possibili sfumature dei generi (vedi
l’emergere a livello mondiale dei movimenti GLBT). Ma non si tratta
solo di scelte di oggetti sessuali, o di comportamenti sessuali .
Credo che si rivendichi vere e proprie forme diverse di soggettività,
che non trovano rappresentazione né nel maschile né nel femminile.
Credo che qui sia più o meno esplicita una critica della differenza
sessuale in senso essenzialistico, anti-storico (“o maschi o
femmine”- infatti oggi le posizioni vaticane si appoggiano volentieri
a questo concetto di differenza, e viceversa, mentre si scagliano
contro le teorie del “gender” come costruzione essenzialmente sociale,
culturale e simbolica, che aprono le porte alle soggettività
trasgressive…)
Credo anche che “questo” concetto di “neutro”, come sospensione della
possibilità di identificare nel già previsto, sia più vicino alla
nostra critica del linguaggio e allo sforzo che abbiamo fatto per fare
emergere il femminile come appunto “imprevisto” dal linguaggio.
Trasgredendo diverse regole, non solo grammaticali.
Però occorre mantenere alta la tensione a capire come le
trasformazioni sociali, e in queste, le punte più incisive e
corrosive, possano aprire ancora una volta il linguaggio a nuove
avventure. In questo senso il neutro simboleggiato dalla @ è diverso
dal neutro astratto dei termini come “adolescenza” al posto di
adolescenti maschi e femmine Qui si allude alla soggettività, alla
sessualità, alla sua trasformazione, alle sue performance dentro e
fuori la lingua. Paradossalmente, ci trovo un maggiore legame con il
“corpo”, la corporeità piuttosto scandalosa, che viene oggi esibita
invece che nascosta. Perciò questo casino. Ma ben venga…
Fammi saper come la pensi.

Concorda Adriana:

E’ proprio questo l’ambito nel quale mi sto muovendo: non a caso sto
studiando gli ultimi libri di Butler : La disfatta del genere e Critica
della violenza etica, perché la questione è sì uscire da ogni essenzialismo
(che sia culturale o biologico), ma non si può uscire in regressione (per
quanto riguarda la lingua ricorrendo al maschile unificante o al neutro
astratto dai corpi) nel senso di dire che parlare di differenza
maschile/femminile non ha più senso, bensì fare un salto verso un riconoscimento
delle soggettività diffferenti e moltiplicantesi, libere dalla gabbia logico-linguistica
maschile o femminile.
Detto questo, in questo momento, non si può ignorare il fatto che un conto è
il/ i genere/i (meglio in italiano sessi/generi di appartenenza),
indipendentemente da qualsiasi orientamento sessuale, permanete o temporaneo
(altro mito da sfatare nella percezione del senso comune), e un conto è il
fatto che esistono donne e uomini a cui dare paritaria rappresentatività in
tutti i settori, indipendentemente dai generi/sessi scelti o attribuiti
La violenza sessuale è un fatto prevalentemente maschile, la riproduzione
biologica è un fatto ancora (non so per quanto) completamente femminile;
questi due aspetti coinvolgono le vite di milioni di donne e milioni di
uomini.
Come si fa nella pratica della lingua?
E’ quello che non so ancora bene, comunque quello a cui accenni di indicare
con chiocciola, asterisco o quant’altro il problema nelle finali mi sembra
una buona soluzione, anche se provvisoria; sono poi anche convinta che non
si possa tralasciare di raddoppiare desinenze e termini, nelle scritture non
digitali.