segnalazione di Giancarla Dapporto (Libera Università delle donne di Milano):
“Non amano l’acqua, molti di loro puzzano perché tengono lo stesso vestito per molte settimane.
> Si costruiscono baracche di legno ed alluminio nelle periferie delle
> città dove vivono, vicini gli uni agli altri. Quando riescono ad
> avvicinarsi al centro affittano a caro prezzo appartamenti fatiscenti.
> Si presentano di solito in due e cercano una stanza con uso di cucina.
> Dopo pochi giorni diventano quattro, sei, dieci.
> Tra loro parlano lingue a noi incomprensibili, probabilmente antichi dialetti. Molti
> bambini vengono utilizzati per chiedere l’elemosina ma sovente davanti
> alle chiese donne vestite di scuro e uomini quasi sempre anziani
> invocano pietà, con toni lamentosi e petulanti. Fanno molti figli che
> faticano a mantenere e sono assai uniti tra di loro. Dicono che siano
> dediti al furto e, se ostacolati, violenti. Le nostre donne li evitano
> non solo perché poco attraenti e selvatici ma perché si è diffusa la
> voce di alcuni stupri consumati dopo agguati in strade periferiche
> quando le donne tornano dal lavoro. I nostri governanti hanno aperto
> troppo gli ingressi alle frontiere ma, soprattutto, non hanno saputo
> selezionare tra coloro che entrano nel nostro paese per lavorare e
> quelli che pensano di vivere di espedienti o, addirittura, attività
> criminali”.
> La relazione così prosegue: “Propongo che si privilegino i
> veneti e i lombardi, tardi di comprendonio e ignoranti ma disposti più
> di altri a lavorare. Si adattano ad abitazioni che gli americani
> rifiutano pur che le famiglie rimangano unite e non contestano il
> salario. Gli altri, quelli ai quali è riferita gran parte di questa
> prima relazione, provengono dal sud dell’Italia. Vi invito a
> controllare i documenti di provenienza e a rimpatriare i più. La
> nostra sicurezza deve essere la prima preoccupazione”.
>
> (testo tratto da una relazione dell’Ispettorato per l’Immigrazione del
> Congresso americano sugli immigrati italiani negli Stati Uniti, Ottobre
> 1912)
>
“Non amano l’acqua, molti di loro puzzano perché tengono lo stesso vestito per molte settimane.
Si costruiscono baracche di legno ed alluminio nelle periferie delle
città dove vivono, vicini gli uni agli altri. Quando riescono ad
avvicinarsi al centro affittano a caro prezzo appartamenti fatiscenti.
Si presentano di solito in due e cercano una stanza con uso di cucina.
Dopo pochi giorni diventano quattro, sei, dieci.
Tra loro parlano lingue a noi incomprensibili, probabilmente antichi dialetti. Molti
bambini vengono utilizzati per chiedere l’elemosina ma sovente davanti
alle chiese donne vestite di scuro e uomini quasi sempre anziani
invocano pietà, con toni lamentosi e petulanti. Fanno molti figli che
faticano a mantenere e sono assai uniti tra di loro. Dicono che siano
dediti al furto e, se ostacolati, violenti. Le nostre donne li evitano
non solo perché poco attraenti e selvatici ma perché si è diffusa la
voce di alcuni stupri consumati dopo agguati in strade periferiche
quando le donne tornano dal lavoro. I nostri governanti hanno aperto
troppo gli ingressi alle frontiere ma, soprattutto, non hanno saputo
selezionare tra coloro che entrano nel nostro paese per lavorare e
quelli che pensano di vivere di espedienti o, addirittura, attività
criminali”.
La relazione così prosegue: “Propongo che si privilegino i
veneti e i lombardi, tardi di comprendonio e ignoranti ma disposti più
di altri a lavorare. Si adattano ad abitazioni che gli americani
rifiutano pur che le famiglie rimangano unite e non contestano il
salario. Gli altri, quelli ai quali è riferita gran parte di questa
prima relazione, provengono dal sud dell’Italia. Vi invito a
controllare i documenti di provenienza e a rimpatriare i più. La
nostra sicurezza deve essere la prima preoccupazione”.
(testo tratto da una relazione dell’Ispettorato per l’Immigrazione del
Congresso americano sugli immigrati italiani negli Stati Uniti, Ottobre
1912)